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Cambiare insieme per essere fedeli

La nascita di un figlio, la mezza età: sono momenti in cui la "tenuta" di un matrimonio è a rischio

 

Riproduzione  parziale dal n. 127 di "Noi, genitori & figli" del 22/02/09

di Paola Tettamanzi

Le delusioni amorose e sessuali legate all'inesperienza nei primi anni di matrimonio; la necessità di ridefinire il rapporto di coppia dopo la nascita del primo figlio; il disorientamento della mezza età; l'ansia un po' scomposta di recuperare il tempo perduto dei "giovani-anziani". Ecco i quattro momenti a rischio della vita di una coppia in cui incomprensioni e difficoltà possono raffreddare i rapporti e annullare il dialogo, aprendo poi la strada all'infedeltà. «Il clima in cui siamo immersi rende tutto più agevole, più semplice, più normale. Oggi ci sono modelli culturali che sembrano incoraggiare il consumismo sentimentale, secondo una certa, distorta logica del mercato che ha contagiato anche le dinamiche della coppia. E questo non agevola la stabilità di un rapporto. Anzi, sembra quasi che la stabilità matrimoniale sia diventata un disvalore, anziché una ricchezza».

La riflessione arriva da Gianni Bassi e Rossana Zamburlin, psicoterapeuti, direttori del Centro studi rapporto di coppia di Milano, autori di vari studi sull'argomento.

Il primo ostacolo è rappresentato dalle delusioni dei primi anni, di tipo sentimentale o sessuale. Perché solitamente non si riesce ad aggirarlo?

Il motivo di fondo è quello del tradimento del progetto iniziale. Si parte con aspettative altissime, poi quando arrivano le prime delusioni e si comprende che non tutto quello che si era preventivato si potrà attuare, cominciano le delusioni. E dalle delusioni possono nascere incomprensioni e progressivi intiepidimenti nei rapporti, con conseguenze immaginabili.

Motivi di questi primi inciampi?

Tanti. Difficoltà di comunicazione, carenze nella trasmissione dei sentimenti, problemi nell'intesa sessuale, ma anche una visione spirituale povera e carente. Uno dei due, o entrambi, comincia a sentirsi a disagio. Si cercano fuori casa quelle gratificazioni che non si trovano più nell'ambiente domestico, pensando che una nuova storia possa risolvere tutti i problemi.

Il rischio è quello di replicarli?

Spesso è così. E allora, invece di pensare al taglio chirurgico bisognerebbe intervenire con una terapia "conservativa". Di fronte alle prime delusioni, cioè, non è il caso di passare subito al tradimento o alla separazione. Anzi, proprio in nome di quel progetto iniziale, occorre tentare il tutto per tutto per arginare il problema. La comunicazione è carente? Si può imparare a dialogare. Sono sorti problemi sessuali? Esistono tutte le terapie del caso. Si manifestano  divergenze  profonde? Abbiamo ormai strumenti psicanalitici avanzati che permettono alle coppie che lo vogliono, di provare a ripartire.

Il secondo momento a rischio, dicevamo, è la nascita del primo figlio.

Sì, in questo caso è quasi sempre l'uomo a saltare. Il maschio narciso, che non si sente più al centro dell'attenzione, finisce per cercare un'altra donna. Invece di costruirsi una dimensione paterna, preferisce continuare a essere idolatrato. Spesso sono processi incon­sapevoli. Bisognerebbe però chiedersi quanto pesano in queste dinamiche quei modelli giovanilistici che rimandano a tempo indetermi­nato l'assunzione di responsabilità.

E le donne come possono agire in questi casi?

Cercando un'armonia soddisfacente tra il ruolo di moglie e quello di madre. Spesso, con la nascita del primo figlio, c'è uno sbilancia­mento eccessivo verso l'impegno della maternità. Tutto comprensibile. Ma questo rischia di marginalizzare le dinamiche di coppia.

E siamo arrivati alla mezza età. Perché anche questa fase è a rischio?

Perché è l'età dei primi bilanci. Si comincia a guardare indietro e se si individuano motivi di insoddisfazione, se in famiglia o sul lavoro le delusioni appaiono superiori ai successi, può scattare il desiderio di rivalse sentimentali. Una nuova donna, un nuovo uomo, possono offrire l'entusiasmo di ricominciare, possono dare il senso di nuova euforia. Ma sono quasi sempre entusiasmi transitori. Euforie destina­te a spegnersi con la stessa rapidità con cui si erano avviate.

L'ultimo momento di svolta sembrerebbe essere quello che la sociologia ha definito dei "giovani anziani". Diciamo tra i 60 e i 70 anni...

Sì, in questo caso pesa l'angoscia di una vecchiaia che si sente dietro l'angolo, anche se si gode di buona salute e si intrattengono rap­porti sociali soddisfacenti. Dopo i 60 anni è però facile farsi cogliere dall'ansia di recuperare il tempo perduto, magari cercando relazioni con partner molto più giovani, quasi per illudersi di riuscire ancora a entrare in sintonia con anni e sensibilità ormai lontani.

C'è un criterio comune alle varie età per prevenire queste derive sentimentali?

Mettere sempre al primo posto il rapporto di coppia. Stare bene con il proprio marito, la propria moglie è fondamentale e dovrebbe venire prima di tutto. Una dedizione unilaterale ai figli può generare difficoltà nel rapporto di coppia. Ma se lui e lei vanno in tilt, prima o poi salteranno anche i rapporti tra genitori e figli. Così sul lavoro. Quando diventa opprimente e invasivo, con orari sempre più gravosi, anche il rapporto coniugale ne soffrirà. Ma quelle complicazioni finiranno poi per ripercuotersi sul lavoro stesso, E, allora, dov'è il guadagno?

Le esigenze della coppia però non sono mai identiche. In ogni fase della vita occorre imparare a ricominciare insieme.

Certo, cambiare insieme è fondamentale per non lasciarsi travolgere dai mutamenti. La capacità di essere sempre in empatia con l'altro significa anche saper ascoltare i suoi bisogni, essere aperti alla trasformazione, rinnovarsi secondo cicli di vita che non sono mai identici. Solo le coppie che riescono a essere infedeli a un modello precostituito, possono sperare di essere davvero fedeli l'uno all'altra.
 

Un timone per due nel mare della vita

Navigazione di coppia tra onde e burrasche

Navigare insieme per tutta la vita in un mare accogliente, sospinti da una dolce e tiepida brezza, accarezzando i contorni di isole incantate e di luoghi bellissimi e rassicuranti. Chi non vorrebbe adottare una metafora simile per la propria navigazione di coppia? Invece le rotte dell'amore non sono sempre tracciate con certezza e accettare di mettersi insieme al timone significa anche saper affrontare i rischi di un percorso dove la bonaccia potrà essere sostituita improvvisamente dalla tormenta, e quelli che sembravano approdi sicuri e riposanti potrebbero a un tratto diventare passaggi sgradevoli, insidiosi, talvolta fatali.

C'è il mistero del mare nella metafora scelta dallo psicologo e psicoterapeuta Beppe Sivelli, presidente della rete di consultori Ucipem, per il suo ultimo libro che parla di coppia e di tradimento, "Tra­dire e fare c'è di mezzo a-mare". Il mare che, nella sua vastità soggiogante, affascina ma anche atterrisce, che attrae ma può anche travolgere chi senza preparazione e senza prudenza decide di avventurarsi tra i suoi flutti incantevoli.

Andare per mare lungo rotte sempre nuove e sconosciute diventa, nel libro, metafora della condizione umana. Perché scrive che «il coraggio di accettare questa situazione di conti­nua incertezza diventa un atto di realismo umano e anche divino»?

Partire, lasciare il porto, significa uscire dalla zona protetta, abbandonare le certezze. Diventa un'esperienza di trasformazione. La menta­lità del pellegrino è quella di colui che è disposto ad affrontare il nuovo e l'insolito. Ce ne hanno fornito un esempio paradigmatico molte figure del passato, come Ulisse o Dante. Il loro viaggio ha significato un passaggio dal buio alla luce, dall'inconscio al conscio. Avventu­rarsi lungo nuove rotte infatti, vuol dire anche, e soprattutto, scoprire i propri limiti. L'accettazione di questa incertezza assume un signifi­cato profondo e assoluto, perché frutto di scelte responsabili.

Durante la navigazione, lei dice, non conta «il moto incessante delle onde sulla superficie, ma il silenzio della sua profondità». In che senso?

Noi viviamo in una società fondata sulla fretta, sulla cultura dell'attimo, sulla divinizzazione dell'esteriorità. Siamo immersi in un clima che valorizza e premia i personaggi più che le persone. Non ci si deve mai scordare che l'albero svetta alto perché ben ancorato al suolo con le sue robuste radici, che la casa si regge perché costruita su fondamenta solide. Quindi anche nella vita di coppia, ciò che realmente conta, non è quello che appare ma ciò che sta in profondità. Cioè la forza che deriva da valori condivisi, quelli capaci di riaffiorare e riallineare la barca del matrimonio anche dopo la peggiore burrasca.

 «Ogni amore adulto è un'indifferenza superata, una delusione superata, un'incomprensione accettata, una vulnerabilità con­divisa». Sono parole del suo saggio. Ma per realizzare queste condizioni ci si deve esporre al rischio di un "tradimento" (ideali, progetti, tempo...). Il tradimento è dunque un accadimento inevitabile nella vita di ciascuno?

Il tradimento, in senso lato, può essere inteso come un cambiamento. Se prendiamo in esame la società in tutti i suoi aspetti - politici, economici, culturali - vediamo che l'evoluzione altro non è che una serie ripetuta di cambiamenti, che però appaiono, a chi di questi cambiamenti non condivide i presupposti, dei tradimenti. Qualsiasi teoria innovativa può essere vista come un tradimento rispetto alla linea precedente.

Una fedeltà coerente e assoluta è quindi un'utopia?

La linea della fedeltà, sempre in senso lato, quindi come fedeltà a scelte politiche, artistiche o di lavoro, è fatta di alti e bassi. Solo Dio è sempre fedele. Noi arriviamo alla meta per tentativi ed errori. Si potrebbe addirittura dire che dall'esperienza del tradimento hanno avuto origine alcuni tra gli eventi più significativi. Anche la storia della salvezza, da Eva a Giuda, si serve, in modo paradossale, di tradimenti, secondo progetti che per noi potrebbero essere motivo di disorientamento, ma che alla luce delle conseguenze hanno determinato nuovi e insospettabili panorami.

Come trasferire questo discorso alla coppia?

Qui il discorso è più complesso. Perché il tradimento, cioè la crisi, possa trasformarsi in spinta rigeneratrice, occorre che i due sappiano leggere le ragioni di quanto loro capitato e siano convinti che è più importante concentrarsi sulla meta che sugli incidenti di percorso. Ma, per rimanere nella metafora nautica, occorre aver costruito bene, e soprattutto insieme, il timone della nave. In questo caso il tradimento, inteso come occasione di rinnovamento e non, come generalmente viene inteso, avventura sessuale, richiederà soltanto piccole e ordinarie correzioni di rotta, come avviene in ogni percorso, nautico e umano.

In quali altri ambiti la forza del cambiamento è stata determinante?

Guardiamo l'antropologia. Alcune popolazioni delle isole del Pacifico sono scomparse per mancanza di cambiamento. Il fatto di riprodursi tra consanguinei ha avuto come conseguenza il consolidamento di situazioni patologiche che a lungo termine hanno impedito di continuare la razza. C'era la necessità di sangue diverso. Oppure, analizzando il mondo delle fiabe, si vede come l'errore e la disobbedienza - Cappuccetto Rosso che tradisce la parola data - possono portare poi a una crescita nella personalità.

Perché senza l'esperienza del tradimento, come lei scrive, «né la fiducia, né il cambiamento, né la speranza, né il perdono acquisterebbero piena realtà»?

Perché fallire, sbagliare, tradire, sempre in senso lato, non sono optional della nostra vita. Sono dotazioni di serie, parafrasando il linguaggio del mercato automobilistico. Fanno parte della normalità del procedere, e accettare questa realtà, significa darle una compren­sione nuova. Tutta la nostra vita è attraversata e percorsa da questi elementi ma anche dalla forza di segno opposto che, proprio da questi accadimenti, trae vigore. «Se cadi sette volte ti rialzi otto».

Qualsiasi tradimento genera sofferenza in chi ne è coinvolto. Come trasformare allora un evento doloroso in una nuova occasione di speranza?

Spesso mi trovo di fronte a pazienti incapaci di accettare i cambiamenti. «I figli mi hanno messo in crisi rifiutando i valori a fondamento della mia vita». «Non riesco mai a sorridere, sento il peso delle situazioni e delle mie scelte». Frasi di questo tipo indicano persone che rimangono schiacciate dagli avvenimenti della vita, senza riuscire a perdonare i propri errori. Mentre sono proprio la comprensione, l'indulgenza e la pietà innanzitutto verso se stessi, gli unici atteggiamenti che possono essere d'aiuto e rivelarsi vincenti.

Per non rischiare di tradire o di "tradirsi" non basterebbe talvolta fare un passo indietro?

Sì, a patto che compiere questo passo indietro non significhi rifiutare di entrare nelle situazioni cruciali, per paura di farsi male. Così si incorrerà in un errore molto più grande, quello del ripiegamento su se stesso. Essenziale è invece saper accettare i propri limiti, le parti di sé che non piacciono agli altri e da qui ripartire e ricominciare.

Sembrerebbe quasi di dover concludere che il più grande tradimento sia nei confronti di se stessi. Ma allora cosa significa essere fedeli alla propria vita, al proprio mandato, alla propria vocazione?

Significa diventare più clementi e comprensivi verso i propri limiti, quelli degli altri e quelli della vita. Occorre accettare di diventare più uomini e meno superuomini. E al momento di andar per mare, solcare rotte sempre meno frequentate ma più essenziali per raggiungere mete davvero importanti: libertà, creatività, tolleranza, amore, armonia che è composizione delle diversità e delle contraddizioni della vita. Nella mitologia Armonia è figlia di Marte e di Venere. Cioè la congiunzione di due tendenze contrapposte. Un saggio orientale diceva che l'acqua e il fuoco sono incompatibili, ma se ci mettiamo in mezzo una pentola possono conciliarsi. Anche nella vita delia coppia c'è una pentola: è il dialogo. Occorre sempre ricordarsi che la notte prepara l'alba e nelle tenebre bisogna rimanere fedeli a quello che ci ha fatto gioire nella luce, perché non cessa di esistere. Semplicemente non lo si vede più. Ma sono i nostri occhi che non ce la fanno. Il motivo della nostra gioia invece — in questo caso nostra moglie o nostro marito - è sempre là che ci aspetta. ♦